Nei corridoi di un albergo che ospitava, in Ucraina, centinaia di reporter del pianeta, cinque reporter italiani hanno deciso di importare nel loro paese un modello di giornalismo ormai consolidato negli Stati Uniti e in Europa.
Le basi per dare vita a un’organizzazione di questo genere, del tutto nuova in Italia, sono state gettate così: guardando a iniziative di altri colleghi più attenti all’evoluzione della professione giornalistica e puntando su finanziamenti erogati da primarie fondazioni di tutto il mondo.
Fanno oggi parte di IRPI: Guia Baggi, ispiratrice di questa avventura, grazie ai suoi studi sulle associazioni non-profit di giornalismo investigativo; Leo Sisti, già inviato speciale dell’ “Espresso”, ora collaboratore dello stesso settimanale nonché de “Il Fatto Quotidiano”, da anni membro dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ) di Washington, la più importante “scuola” di giornalismo transnazionale; Cecilia Anesi e Giulio Rubino, giornalisti e videomaker, coautori del documentario “Toxic Europe”; Lorenzo Bodrero, esperto di criminalità organizzata; Cecilia Ferrara, esperta di criminalità organizzata e di Balcani; Guido Romeo, caposervizio della sezione scienze di Wired Italia ed esperto di datajournalism; Alessia Cerantola, esperta di Estremo Oriente; Mara Monti, esperta di economia e finanza.
I membri dell’associazione asseriscono che, se il giornalismo investigativo, colpito da una grave crisi soprattutto nella carta stampata, ha ancora un futuro, sarà proprio nella sua veste transnazionale il “credo” di IRPI: “Vogliamo andare oltre la porta di casa, proponendo storie in due lingue, italiano e inglese, reportages dal respiro internazionale: nella scelta delle inchieste, negli argomenti da affrontare, nella costruzione di una fitta rete di contatti, dall’Europa agli Stati Uniti, dall’Africa all’Asia”.
IRPI avrà un’anima italiana e la esprimerà a livello globale, aperta a tutte le collaborazioni. Offrirà anche un servizio di fixing ai media e ai reporter stranieri, inaugurando un’area di mercato al momento poco esplorata in Italia.
IRPI ha già ricevuto l’adesione di alcuni nomi di alto profilo, si tratta di giornalisti pluripremiati: Mark Lee Hunter, americano, ora professore alla Insead Business School di Parigi; David Leigh, inglese, “editor” della sezione investigativa di The Guardian; Charles Lewis, americano, fondatore del Center for Public Integrity di Washington, “padre” dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), attualmente professore all’American University School of Communication; Serena Tinari, giornalista di RSI, il servizio pubblico radiotelevisivo svizzero in lingua italiana, e membro di ICIJ; Milena Gabanelli, conduttrice di “Report” (RAI), programma di punta della televisione italiana.
IRPI aspira a ricevere il sostegno e il contributo di altri giornalisti e centri di giornalismo investigativo per nuovi progetti o inchieste, sempre a sfondo internazionale.Questo è quanto emerge dalla notizia diffusa oggi dallo staff dell’Investigative Reporting Project Italy: sembra trattarsi di un nuovo quanto innovativo canale di sviluppo per le professionalità presenti nel variegato mondo del giornalismo.
Non va mai trascurata l’importanza della fase investigativa del giornalismo di qualità, fondato sulla ricerca, selezione e cura delle fonti, sulla raccolta di notizie e dettagli conoscitivi, sul controllo meticoloso di quanto si scrive per divulgarlo all’attenzione dei fruitori finali dell’informazione.
In tale contesto, non può che destare e meritare una significativa attenzione l’iniziativa IRPI, dal momento che, in un mondo sempre più complesso e dalle dinamiche mediatiche in profonda evoluzione, il giornalismo investigativo di qualità è una vera e propria necessità.
Marco Mancinelli
PressWeb Editor
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