Public Speaking, ovvero parlare in pubblico

gennaio 30, 2007

Parlare in pubblico vuol dire trasmettere ad una platea anche molto qualificata idee, informazioni, intuizioni e immagini chiare, efficaci, concrete, inequivocabili e stimolanti. L’obiettivo principale consiste nel comunicare inputs vari ed adeguati ad ottenere un valido feed-back fatto di consenso. Attraverso l’uso delle parole e del linguaggio, parlare in pubblico significa rendere comprensibile ciò che si intende comunicare. Inoltre, aspetto non secondario, significa dare valore a ciò che si comunica. Infatti, chi ascolta va messo nella condizione di recepire come interessante ed utile il discorso, sia dal punto di vista del contenuto che sul versante dello stile espressivo utilizzato. Lo stile e i contenuti del discorso sono due aspetti centrali del public speaking e vanno curati con grande attenzione al fine di riscuotere gradimento e, quindi, successo. In primo luogo, occorre individuare bene chi sono, in termini generali, gli interlocutori. Occorre chiedersi: “Chi compone la platea?”. Si tratta di persone che assistono alla conference in quanto professionisti impegnati nel cosiddetto “business world” per conto proprio o delle aziende alle quali appartengono. Cosa si aspettano? Intanto, si aspettano di non doversi annoiare. In fondo, cosa c’è di peggio dello stare seduti ad assistere a una conferenza e annoiarsi? Ben poche altre situazioni legate al lavoro possono rivelarsi così pesanti. Stufarsi mentre si ascolta una conferenza è una vera e propria tortura, equivale quasi a tornare sui banchi scolastici, a rivivere quei momenti in cui si era costretti ad ascoltare uno di quei professori assolutamente incapaci di tenere alta l’attenzione degli studenti; è un po’ come ascoltare un professore che parla senza trasmettere proprio nulla ai suoi malcapitati studenti, i quali sbadigliano, pensano ad altro nella speranza che arrivi presto il fatidico suono della campanella.
Il vero professionista deve impegnarsi per rendere interessante ed accattivante la sua esposizione alla platea che ha davanti. Ne va della propria immagine e, soprattutto, ne va dell’utilità stessa della conferenza. A volte, si è retribuiti per parlare in pubblico, disquisendo in merito ad un determinato argomento: quindi, a maggior ragione, si è tenuti a dare il meglio e non a indurre stati di noia diffusa o di pesante indifferenza. Parlare in pubblico è un lavoro, fa parte del lavoro di ogni vero comunicatore. Quando si è impegnati in tale attività, è necessario affrontare l’impegno con la stessa attenzione che solitamente viene riservata agli altri impegni professionali: ai fini dei propri interessi, non c’è differenza tra il parlare in pubblico ed altre attività quali la redazione di un comunicato stampa, la preparazione di un progetto marketing o l’organizzazione di un evento aziendale. Il valore è lo stesso e, anzi, in qualche circostanza può anche essere maggiore, dal momento che nell’attuale mondo professionale tutto ciò che è cura dell’immagine esterna riveste un ruolo notevole. Il parlare in pubblico diventa anche un biglietto da visita: se è chiaro, gradevole e trasmette sostanza, è un’ottima presentazione. In caso contrario, è un “nulla” o un “qualcosa” che non qualifica in modo adeguato lo speaker o che, addirittura, può nuocergli. Occorre tenere sempre presente che parlare in pubblico è un’attività che può riservare ulteriori opportunità di sviluppo per la professione del comunicatore, consolidando e accrescendo le sue stesse qualità agli occhi del contesto in cui egli opera. Ciò che il vero comunicatore è tenuto ad osservare per imprimere qualità ed efficacia al suo modo di fare public speaking è sintetizzabile nei seguenti criteri:

PUBLIC SPEAKING = Comunicazione Chiara + Immagine Positiva 
e
PUBBLICO IN PLATEA = Caratteristiche + Aspettative

Infatti, per eseguire una buona performance di public speaking, occore mirare le modalità dell’esposizione sull’entità distintiva della platea che ascolta. E che di annoiarsi non ne vuole proprio sapere…

M


Scoop Giornalistico: la Professione, l’Etica e la Morale

gennaio 29, 2007

Giacomo Fontana, lettore di PressWeb, ha inviato un interessante contributo di riflessione dedicato alle tematiche dell’informazione contemporanea…

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Ci sono professioni che fanno vibrare di entusiasmo, questo perché ti riportano a quel grande sentimento che un tempo stimolava ed entusiasmava l’azione dei Padri, ma oggi il giornalismo non si fa così. Viene tutto filtrato, manipolato, in parte censurato. Il resto non viene neppure presentato e così via dicendo. Oggi la passione, lo slancio e il sacrificio delle imprese, nella impostazione e nella scelta degli argomenti, non può più tendere all’omaggio verso i valori tradizionali della missione del giornalista e del relativo potenziamento del suo vero talento. Il vero naturale e brillante professionista della carta stampata è completamente scomparso. Oggi lo Scoop viene ricercato di tipo facile, quello che serva a qualcuno e che non dispiaccia a molti. L’importante è documentare un fatto e più grave è, meglio è. Se per esempio viene segnalato alla Stampa un pericolo ove vi è a rischio l’incolumità di qualcuno, questo non viene assolutamente preso in considerazione. Ma se quel rischio causa un morto, allora come mosche sullo sterco, sono tutti attenti e all’opera per stilare un articolo. La sindrome della NON PREVENZIONE oggi è arrivata a contagiare anche i giornalisti. Tuttavia ciò accade non per colpa loro, ma per un sempre più marcio sistema, che lentamente col tempo e su questo sentiero non risparmierà nessuno. A quanto pare non importa più se il significato essenziale di un articolo non volge verso una profonda intonazione sociale ed etica, che aiuta, piace e avvince. Non interessano i momenti interminabili, fondamentali e tremendi della vicenda umana, né tanto meno l’angoscioso dramma di una vittima innocente di un’ingiustizia, di uno strapotere, di un delitto. E’ un florilegio di paradossi e di errori. Il buon senso a questo punto viene disintegrato dalla filosofia degli affari, sia economici che politici. E’ un modo di pensare che viene instillato ai giornalisti da chi ha il potere economico o politico. Ogni volta che però viene represso il buon senso a qualcuno, si uccide una parte di quella persona, di quel padre di famiglia, di quel professionista. Voi mi direte: “che significa reprimere il buon senso?” Significa accecare la coscienza, stordirla, ammutolirla, sopprimendo il potere interiore, in due parole, schiavizzando l’individuo. L’essere umano viene ridotto a merce da utilizzare a proprio piacimento. Il professionista viene trattato come un animale, da cui si deve trarre utilità, potere e profitto, anche se il prezzo che deve pagare sul piano umano e psicologico è enorme. Senza entrare oltre nel merito di questa questione e contestualmente ai probabili relativi danni alla salute che nel tempo potrebbero verificarsi, ricordo solo la necessità di dovere sapere e di considerare l’uomo e i suoi disagi, come prodotto trasformato dalla organizzazione sociale nella quale viene inserito. Chiunque abbia compreso voglia comprendere con rigore ed empatia a che livello decadente di società siamo approdati, inoltrandosi nel campo delle relazioni di aiuto e di ripristino della vera umanità, sempre più calpestata e danneggiata dal profitto sfrenato e criminale. Sono dell’idea che persone divenute gravi vittime dell’arroganza del potere, debbano avere voce e che non è ammissibile sotto ogni profilo mantenere di nascosto sempre più danneggiata, emarginata e umiliata una vittima del crimine.

Giacomo Montana


PressWeb: come e perché

gennaio 26, 2007

Dall’Aprile 2006, è stato attivato on line PressWeb, blog dedicato ai temi del marketing, della comunicazione e del giornalismo.
Curato e diretto da Marco Mancinelli, PressWeb è un contenitore di informazioni ed esperienze che intende offrire agli operatori dei settori di riferimento sia inputs di immediata utilità che spunti di riflessione mirati a comprendere più in profondità ciò che accade nella Marketing and Communication Community italiana.
Marco Mancinelli, editor del blog, ha intensificato le attività di aggiornamento, riservando sempre più spazi qualificati alle tematiche di più stretta attualità che interessano da vicino il mondo dei comunicatori professionali.
In particolare, è stata attivata la rubrica “Write to PressWeb“, tramite la quale i lettori del blog possono segnalare riflessioni, case histories e novità relative alla propria esperienza professionale e/o ai settori trattati.
L’iniziativa del blog PressWeb è nata per sviluppare un canale on line di confronto e di informazione per chi è impegnato professionalmente nel variegato mondo della comunicazione e del marketing. Dopo una fase iniziale di primo contatto virtuale con la communication community italiana, le visite al blog si sono particolarmente intensificate negli ultimi quattro mesi del 2006 e ciò ha incentivato l’editor ad imprimere un ulteriore sprint contenutistico a PressWeb, in un’ottica di servizio nei confronti dei comunicatori e marketers italiani che ispirano le proprie attività ad un approccio innovativo.
All’interno delle pagine del blog, sono già presenti diversi e particolari aneddoti, segnalazioni e spunti di riflessione che hanno già coinvolto diversi comunicatori ad esprimere la propria opinione, tramite la possibilità di postare un apposito commento o ricorrendo alla rubrica “Write to PressWeb“.

Tratto da: Marketing Journal